venerdì 30 ottobre 2009

La crisi della mela conduce al ritorno del prodotto locale e bio. Un invito a mangiare la mela perchè buona, sana ed economica.

"Una mela al giorno leva il medico di torno" questo era quello che mi diceva sempre mio nonno da piccolo, è uno dei detti più popolari eppure nonostante l’attenzione alla propria salute e il boom degli alimenti che promozionano salute (anche se io ne parlo male si vendono lo stesso), il consumo di mela diminuisce in punti vendita di alcuni noti mercati e supermercati dall’Agosto del 2007 all' Agosto del 2009 il 23% meno, un dato non generale ma significativo che uno dei frutti più noti e conosciuti e più sani, questo nonostante la produzione sia aumentata e migliorata negli ultimi due anni dal punto di vista qualitativo. Le mele nuove di questo anno faticano ad arrivare sui mercati perché ancora non si sono consumate quelle di fine agosto e ci sono decine di migliaia di tonnellate nei frigoriferi, parte della produzione dello scorso anno.

Quali sono le ragione della crisi del consumo della mela?
La desuetudine al consumo di frutta fresca. Bisogna guardarlo all’interno di un quadro più ampio il raggiungimento dei famosi 5 porzioni di frutta e verdura per esempio è un risultato difficilmente raggiungibile dal 40% dei bambini è un dato che è preoccupante, pertanto non è solo la crisi della mela in sé ma del consumo di frutta e verdura fresche. Va anche detto che molte comunicazioni istituzionali sul consumo di mela sono state penose e sopratutto fatte in primavera dove in genere si consumano altre varietà di frutta.

La mela leggera e digeribile si presta ad essere mangiata in diversi momenti del giorno, dalla colazione, allo spuntino, alla merenda a fine pasto. La maggior parte dei consumi alimentari avvengono fuori casa e anche qui la mela è venuta incontro ai consumatori, abbiamo visto i distributori automatici di mele, le mele in sacchetto già tagliate. Una delle critiche rivolte alla mela era la difficoltà di portarla in borsa è per venire incontro a questa esigenze che diverse aziende hanno creato le polpe di mele da portare via e mangiare con il cucchiaino, per sorprendere e variare il gusto hanno unito la polpa di mela alle albicocche, frutti di bosco e prugne.
La mela di adatta soprattutto nella preparazione dei dolci, che aiuta oltre che dare un sapore dolce acidulo diminuisce notevolmente le calorie, aiuta quindi al controllo del peso.


Potrei dirvi che è ricca di fibre
potrei dirvi che grazia alla pectina aiuta a controllare i livello di colesterolo
potrei dirvi che aiuta a controllare il peso
potrei dirvi che è diuretica, ricca di potassio e povera di sodio
potrei dirvi che è costituita al 90% d'acqua, aiuta avere una pelle bella e giovane
potrei dirvi che è ricca di zuccheri naturali come fruttosio glucosio
potrei dirvi che è ricca di vitamine C, PP, B1, B2, A
Invece vi dico di mangiarla perchè è buona.

Quali sono le ragioni tecniche della crisi della mela
La facilità di coltivazione della mela a diverse latitudini e paesi della terra, ha portato a una sovrapproduzione di mele, c’è stata una vera invasione delle mele provenienti dal Sud America, Sud Africa, Australia, Cina (il 39% della produzione mondiale), al porto di Rotterdam vengono vendute a 0,20 centesimi di euro al chilo. Le mele nazionali raggiungono lo 0,40 centesimi al chilo ai mercari generali più del 100%, in alcuni casi anche 0,15 centesimi tanto che alcuni produttori non hanno fatto neanche la raccolta perchè sarebbe stato un costo in più che con si sarebbe recuperato. La mancanza di competività è evidente, bisogna fare campagne che valorizzino le produzioni e le varietà nazionali, acquistare locale non solo aiuta l’ambiente ma è più sano e controllato.

L’esportazione non viene molto aiutata dall’euro alto, che non rende il prodotto competitivo sui mercati internazionali, il paese più grande importatore di mele è la Russia, dove la discriminale del prezzo sicuramente non aiuta i prodotti europei.

Un dato positivo la crescita del mercato biologico e della mele di produzione locale sia di varietà internazionali che varietà locali, (il successo della mela annurca è un esempio ma anche Mela San Giovanni, Mela Pera, Mela del castagno che troverete qui) il prezzo ai consumatori che rimane basso per cui un invito a consumare più mele, con maggiore fantasia in cucina meno integratori, meno alimenti funzionali, ma più frutta e sono certo sarete in forma.

Varità e Calendario di vendita delle mele
Boskoop Ottobre –Marzo
Delizie Rosse Ottobre – Maggio
Jonagold Ottobre – Maggio
Renette Novembre – Marzo
Granny-smith Novembre – Maggio
Idared Gennaio - Giugno
Fuji Gennaio – Giugno
Royal Gala Agosto – Febbraio
Elstar Agosto – Febbraio
Golden Ottobre – Aprile
Mele annurche Novembre- Maggio
Pinova Gennaio - Giugno
Braeburn Ottobre- Maggio
Morgenduft Ottobre -

Varietà Sapore
Boskoop Soda, acidula, profumata
Delizie Rosse Croccante, dolce, succosa
Jonagold Croccante acidula dolce e profumata
Renette Tenera succosa poco zuccherina
Granny-smith Croccante molto succosa molto acidula
Idared Croccante e leggermente acidula
Fuji Soda molto dolce
Royal Gala Croccante dolce e succosa, rinfrescante
Elstar Croccante acidula
Golden Dolce, succosa e molto profumata
Mele annurche Piccola e dolce
Pinova Compatta succosa e croccante
Braeburn Croccante, succosa e leggermente aspra
Morgenduft Sapore fresco e deciso con aroma dolce aspro

Varietà Uso in cucina
Boskoop Dolci, cottura al forno, caramellizzata sul grill
Delizie Rosse Eccellente senza la buccia, saltata al burro
Jonagold In composta o farcia per torte
Renette In piatti dolci e salati
Granny-smith Nei frullati, cotta o per la tatin
Idared Per torte tagliata in quarti
Fuji Ideale per la cottura al forno
Royal Gala Per composte e confetture
Elstar In composte, strudel
Golden Al forno, cotto, strudel
Mele Annurche Al corno o grattugiate a crudo
Pinova Macedonie e cottura in pentola
Braeburn Al forno per pietanze dolci e salate
Morgenduft Macedonie , strudel, torte

Possono considerarsi fresche sul mercato fino a Gennaio, dopo di chè sono tutte di frigorifero
Info: Assomela, Melinda, Vog, il bellissimo sito con tutte le varietà sul mercato francese mese per mese Lapomme

mercoledì 28 ottobre 2009

Anuga 2009, Parmigiano Reggiano slow food o fast food?

Durante la fiera Anuga un' iniziativa del Consorzio Parmigiano Reggiano ha destato molto clamore, a seguito di una denuncia alle autorità tedesche, il consorzio ha fatto sequestrare dei formaggi che provenivano dai paesi terzi come Argentina dal nome Parmesano, Reggianito, Pardano o Romulo, con chiaro riferimento d'imitazione al Parmigiano Reggiano.

Un azione di forza o un azione di debolezza?
Sono per mia inclinazione contrario alle imitazioni, ma che dire di Coca Cola o Pepsi Cola? Il ricorso legale, per quanto giustificato, lecito e dovuto, può assumere il significato di una debolezza, se lo si usa come strumento per giustificare i problemi in cui naviga oggi il Parmigiano Reggiano. Un eccesso di produzione ha causato il crollo del prezzo di mercato, vuoi per un errore di programmazione o un errore di stima sulle previsioni dell'evoluzione della domanda e dell'offerta!

La superficialità o la non capacità di gestire questa fase delicata del mercato ha portato Parmigiano Reggiano a subire le condizioni del mercato internazionale. Si è creato un abisso tra prezzo all'origine e prezzo di vendita, un abisso tra domanda e offerta, nel tentativo di rimanere il prezzo alto all'estero, hanno lasciato uno spazio libero dove si sono inseriti gli oriundi perchè l'imitazione dei prodotti italiani è spesso gestita da italiani all'estero, che è vero che hanno imitato e hanno sbagliato, ma hanno avuto la forza di creare un prodotto simile, nelle modalità che il mercato richiedeva. Hanno occupato quella fetta di mercato che parmigiano reggiano ha evidentemente sottovalutato. È vero che costoro erano truffaldini ma è anche vero che il consorzio nelle fiere internazionali degli ultimi anni primeggiava più per l'assenza visiva che per la presenza.

L’azione legale per quanto lecita, rimane inutile se il Consorzio non si da una una nuova strategia più incisiva, non legale ma di marketing e comunicazione, ho sentito di alcuni piccoli caseifici che stanno chiudendo per la mancanza di redditività, ci si rende conto di quale perdita si va incontro? Una perdita non solo economica ma anche culturale e sociale. Il problema secondo è che fino ad oggi si è affrontato il mercato in una logica "locale" e non "globale" il prodotto è divenuto grazie alla qualità uno dei simboli del "made in Italy" per essere gestito occorre una nuova "vision".

Il formaggio Parmigiano Reggiano quando è di qualità è il più buono del mondo è legato indissolubilmente alla Cucina Italiana, fa specie che in un periodo in cui la cucina italiana è celebrata in tutto il mondo, parmigiano reggiano sia in debolezza (un elemento che non si può non analizzare negativamente), la responsabilità non è delle imitazioni però, non è sufficiente un formaggio buono e di qualità occorrono anche uomini e mezzi per trasformarlo in successo.

Se posso permettermi le campagne di comunicazione all’estero sono state "un po superficiali" o meglio "inadatte", quelle che io ho visto hanno riproposto la stessa comunicazione che facevano in Italia, questo non lo fa neanche Mac Donald o Coca Cola, che studiano in ogni mercato in ogni paese campagne di comunicazione differenziate, perché diversi sono i consumatori, diversa è la lingua, l'esperienza, il mercato è globale ma i consumatori no! Mi spiace scrivere queste cose ma non mi piace vedere un formaggio che il simbolo dell’eccellenza italiana cosi “povero” merita un impegno maggiore.

Avete mai provato il panino Mac Donald con il Parmigiano Reggiano? Si tratta di quello che io ho chiamato la cacofonia della comunicazione o meglio le contraddizioni, da una parte una politica di comunicazione che punta all'eccellenza al rapporto con il territorio, all'unicità del prodotto, alla qualità, alla Dop e dall’altra una politica di fast food, sono delle contraddizioni in termini di di comunicazione che secondo me stridono, poi devo dire che il parmigiano caldo sul panino sopra hamburger non è stato il massimo della mia esperienza culinaria, si può abbinarlo decisamente meglio.

lunedì 26 ottobre 2009

Yogurt Mila lo yogurt a indicazione geografica (dal marketing alimentare al marketing turistico, un esempio di comunicazione integrata)

Tra le tante iniziative che ho visto in questo periodo di marketing, una più delle più interessanti che mi sembra buon esempio da proporre a tutti quei studenti di marketing e anche i miei ex studenti di Trento, come ho sempre detto per fare un buon marketing non ci vogliono sempre iniziative dispendiose e spendere milioni di euro ma anche piccole azioni possono dare dei risultati interessanti.

Questa iniziativa della Mila è un concorso abbinato alla confezione di yogurt "CONCORSO “VINCI UNA SETTIMANA IN UN AGRITURISMO DELL’ALTO ADIGE” è legata all’associazione agrituristica Gallo Rosso, che rappresenta tutte le aziende agrituristiche della provincia di Bolzano. Più del 50% di queste aziende sono produttrici di latte, non tutte confluiscono il loro latte alla Mila, ma questo è un dettaglio, se passate nelle strade di campagna in Alto Adige non è raro trovare contenitori di latte appena munto che aspettano di essere ritirato dalle aziende che lavorano il prodotto con la scritta questo latte è pronto per il ritiro della Mila, un forte impatto comunicativo.

Il legame dell’azienda con il territorio è molto forte e radicato nel tempo un azienda leader per la lavorazione del latte, che ha una diffusione molto capillare nella distribuzione in Italia. Le tipiche imprese di produzione di latte della Mila sono aziende contadine che posseggono in media 12 mucche. Queste strutture di ridotte dimensioni permettono una migliore qualità del latte e per la salvaguardia del tenore di vita degli animali. Proprio la ridotta dimensione degli allevamenti costringe ca. l'80% degli allevatori a svolgere anche altre attività lavorative integrative come l'agriturismo. La popolazione contadina con il suo impegno, garantisce la stabilità all'insieme dell'ecosistema alpino e subalpino dell'Alto Adige, costituisce la base per lo sviluppo di un turismo sostenibile.

Le presenza turistiche questo anno hanno visto una flessione su tutto il territorio e hanno toccato anche destinazioni come l’Alto Adige che gode di notorietà internazionale. Questa iniziativa potrà avere la capacità di produrre vantaggi a entrambe, le aziende agrituristiche avranno la possibilità di arrivare a un costo quasi pari allo zero per contatto ai consumatori, potranno ampliare la loro base di clienti e grazie ai strumenti di comunicazione la possibilità di una continuita di contatto e di aumentare il numero delle presenze negli agriturismi, è un tipo di sostegno indiretto da parte della Mila per il prezzo del latte sceso.

La Mila oltre che a essere iniziativa di comunicazione interna per la propria comunità, rafforza la sua posizione in merito alle concorrenti aziende altoatesine con il legame con il territorio, evidenzia la provenienza delle materie prime nello yogurt argomento non scontato, in sintesi Yogurt mila Yogurt Alto Adige. So per certo che potranno fare di meglio in futuro ma è un inizio promettente. Un iniziativa soft che lascia nelle mente del consumatore un immagine e un idea positiva senza essere invasiva.

È stato lanciato in questi giorni, dal paese che mi ospita Emozioni Ticino, un iniziativa rivolta a un turismo di prossimità che mira ad fare arrivare turisti in Cantone Ticino. Un idea che non è male, ma che mi ha lasciato un po' perplesso nella comunicazione non si percepisce l’emozione, la possibilità di scaricare vaucher è lodevole ma necessitava secondo me di una maggiore enfasi. I vaucher da soli non emozionano. Peccato mi sembra che non si sia stato in grado di tradurre le emozioni che può dare un esperienza di vacanza in Cantone Ticino! Alto Adige ma anche solo il sito Gallo Rosso sono capaci di comunicare molte più emozioni.

Partecipare al concorso della Mila ben che vada una vacanza in Alto Adige, non è proprio una cattiva idea, male che vada avete mangiato un buono yogurt di montagna con un ottimo rapporto qualità/prezzo, avete provato i gusti di sambuco, o strudel, o uva fragola o mirtillo rosso?

mercoledì 21 ottobre 2009

Le etichette nutrizionali sono chiare?

Il fine delle etichettature è quello d'informare i consumatori sul valore nutrizionale degli alimenti e di aiutarli a fare scelte alimentari più sane quando si fa la spesa. Ma è proprio cosi? sono veramente utili e comprensibili? Recentemente sono stati condotti due studi uno dell'Unione Europa Flabel e un altro di Eufic condotto dal prof. Klaus Grunert, dall’Aarhus University, Danimarca in 6 paesi dell'Unione. Da queste ricerche si è evidenziato che in europa l’85% dei prodotti contengono le informazioni nutrizionali sul retro delle confezioni e circa il 48% sulla facciata delle confezioni, il paesi più virtuosi sono Irlanda, Regno Unito e Paesi Bassi i meno virtuosi Cipro, Slovenia
L'etichetta nutrizionale non è obbligatoria. Ci sono due tipi di etichette che vanno per la maggiore quella con indicati 4 riferimenti (calorie, proteine, carboidrati, grassi) e 8 riferimenti (calorie, proteine, carboidrati, grassi, zucchero, grassi saturi, sale, fibre)

La maggior parte delle persone sa usare le informazioni nutrizionali quando richiesto, ma pochi effettivamente le cercano quando comprano. In media, più del 60% degli interpellati guarda il fronte della confezione, mentre meno del 15% guarda altre parti (le informazioni sono dietro). Meno di un terzo dei consumatori rivela di aver cercato le informazioni nutrizionali sulla confezione .

Cosa cercano di più i consumatori che cercano le informazioni nutrizionali? La maggior parte in tutti i sei paesi rivela di cercare le calorie, i grassi e lo zucchero. Invece pochi guardano : il sale, i grassi saturi, gli additivi alimentari, le fibre, e le vitamine. Sembra che i consumatori passino molto tempo a nel maneggiare i prodotti, specialmente piatti pronti. La ragione principale per scegliere un prodotto è il gusto piuttosto che la nutrizione o la sanità.

L'etichettatura e le indicazioni nutrizionali sono dati quantitativi non qualitativi, adesso vanno molto di moda le GDA (Daily Nutrition Compass) che indica la quantita di energia che un adulto medio dovrebbe assumere è un po deviante è chiaro che 100 gr. non corpirà mai l'intera quota giornaliera e tende a rassicurare l'acquirente, tenere in mente tutti gli alimenti giornaliero che assumiamo è difficile .
ecco qui una tabella di riferimento che indica alcuni riferimenti cosa guardare

se qualcuno di voi le legge, cosa guarda?

lunedì 19 ottobre 2009

Stevia, medicina miracolosa contro l'obesità o per la ricerca d'affetto?



Ho già più di una volta accennato alla Stevia, dal momento che in Europa dovrebbe essere autorizzato l'uso è bene parlarne un po'. Originaria del Sud America, si ricava dalle foglie della pianta tramite macerazione una polvere bianca. Una sostanza dolcificante che è circa 15-300 volte superiore a quello dello zucchero (saccarosio). Questa pianta cresce naturalmente nel Paraguay, sui territorio degli indios Guarani, è stata classificata come edulcorante naturale, è in grado di fornire poche calorie e non altera il tasso di glucosio nel sangue. I suoi effetti potrebbero essere positivi per la lotta contro l'obesità e l'ipertensione. A trarre maggiore beneficio dovrebbero essere i diabetici che potranno cosi permettersi di mangiare preparazioni dolci.

Ci è voluto tanto tempo per la U. S. Food & Drug prima per dare la loro approvazione, grazie alle pressioni di Coca Cola e Pepsi Cola , ma alla fine hanno volutato che i benefici potrebbe essere di gran lungo superiori rispetto agli effetti dannosi che eccessi assunzioni potrebbero dare. So per certo nel fututo vedremo la stevia come ingrediente di bevande, dolci e minestre sbandierandolo come ingrediente per la nostra salute! La svedese Real Stevia, un distributore di dolcificante, precisa che entro cinque anni, la stevia rappresenta il 25% del mercato dei edulcoranti, che ammonta a 50 miliardi di dollari.

Mi spiace deludere tutti i sostenitori della Stevia, ma non è detto che dovrebbe ridurre l'incidenza dell'obesità per assurdo potrebbe aumentarla, abituare le persone ad un gusto molto dolce. In secondo luogo non è lo zucchero solo che fa ingrassare, i dolci non sono composti solo da zucchero ma da farina, latte, uova, burro ecc ecc, pertanto quello che in tempi breve sembra un vantaggio potrebbe rilevarsi uno svantaggio, l'abitudine al sapore dolce, non è che se mangiate dolci con la stevia potrete mangiare dolci a volontà. La cosa migliore è che poco per volta limitate lo zucchero.

La ricerca del sapore dolce ha motivazioni differenti, se abusiamo di preparazioni dolci non è perchè il nostro corpo la richiede, è vero abbiamo bisogno di zuccheri, ma ingrassiamo per altre ragioni, per cattive abitudini alimentari ed errati stili di vita. Non credo pertanto che risolverà il problema dell'obesità. Ho più volte notato che la ricerca del dolce coinvolge più la sfera emotiva ed affettiva, ricordo da bambino che la mamma ci premiava con un dolce, il gusto dolce è il primo gusto che si sviluppa del bambino, la ricerca di un gusto dolce coinvolge più una voglia di gratificazione, di coccole, di carezze di affetto che ahimè nessuna stevia può o potrà sostituire.

venerdì 16 ottobre 2009

Kellog's, manipolazione genetica o manipolazione digitale? Una Bufala?

Non ho mai avuto nessuna simpatia per questa azienda, perché come altre aziende che puntano sulla comunicazione dell'importanza della prima colazione, hanno nel porfolio prodotti che secondo me, non sono tutti "ideali" per una prima colazione, prodotti troppo ricchi di zuccheri e cioccolato come ho già parlato, (e qualche giorno dopo ha pubblicato il Telegraph) che dubito aiutino a seguire schemi alimentari corretti. Mi ha fatto molto ridere la nuova iniziativa, che ho pensato ad una bufala, che non ho idea da quale cervello bacato sia potuta partire cioè di apporre la firma del marchio su ogni singolo corn flash, ma voi pensate che ci sia al mondo qualcuno talmente fuori che voglia imitarvi? O pensate di essere talmente bravi da costituire un esempio per tutti, suggerirei una maggiore umiltà.

Apporre un marchio al prodotto dovrebbe un processo finale di qualcosa di distinguibile che parte dalla materia prima e arriva al prodotto finito, per esempio il Parmigiano Reggiano, selezione di mucche, selezione di latte, lavorazione tipica, stagionatura regolata, in questo caso ha senso una marchiatura del prodotto per una sua storia e una sua ricerca sulla qualità. Certo è molto più semplice firmare e basta. Avere dei Corn Flash firmati che vantaggio apporta? Non è che bisogna autoconvincersi che sono buoni per mangiarli? Cereali per la prima colazione non vuole dire solo Corn Flash, abbiamo una varietà di proposte in Europa e in particolare nell'area del mediterraneo che è più ricca e varia.

Unica cosa che si nota è che la società dispone di una tecnologia laser molto sofisticata, tecnologia che non sarà costata nulla, io fossi in loro spenderei più danaro in ricerca per migliorare il contenuto dei prodotti piuttosto che l'immagine dei corn flash , mi chiedo se è questo il miglior uso della tecnologia alimentare? Non ci possono essere applicazioni più utili che preoccuparsi del proprio marchio?

Sono certo che dopo Kellog's, tutti inizieranno a firmare i propri prodotti dagli spaghetti alla pizza, si sa che quando parte una moda è difficile fermarla. Qualcuno mi dirà ma se si firmano le scarpe e i vestiti perché non firmare i corn flash? Apporre una firma non è questo che fa la differenza, ma il valore del marchio.

Valore comunque che in borsa vola nel terzo trimestre ha fatto registrare un utile netto in crescita del 5.6% cioà 361 milioni contro i 342 milioni dell'anno precedente al di sopra delle aspettative previste, tanto che nonostante la crisi prevedono un aumento delle vendite del 2-3% nel 2010.

Fonte e foto : The Guardian

mercoledì 14 ottobre 2009

I consumatori le vere mucche della filiera agroalimentare II, perchè il prezzo del latte sale e scende?


Quali sono le vere ragioni della fluttuazione del prezzo del latte? Dopo avere scritto il post il mese scorso sul latte versato nei campi, non ero molto soddisfatto del risultato, mi sembrava che ci mancava qualcosa e cosi ho voluto indagare sulle vere ragioni che determinano le variazioni dei prezzi del latte e vedete che cosa ho scoperto.

Uno dei paesi maggiori produttori di latte è la Nuova Zelanda, una superproduzione rapportata ai suoi abitanti, tanto che il 93% del latte prodotto viene esportato, è sufficiente pensare che i paesi europei dalla Francia all'Italia esportano sono l'8% della propria produzione di latte, questa ha dato alla Nuova Zelanda, il potere di essere l'ago della bilancia del prezzo del latte nel mondo. Si noti che la domanda a livello mondiale del latte cresce sempre di più, 2,5% all'anno, in Cina il 13%, non c'è cosa più trendy in Cina che offrire un bicchiere di latte a un ospite.

Incredibile ma vero a generare l'aumento dei prezzi del latte nel 2007 e 2008 è stata la siccità in Nuova Zelanda, un problema legato all'ambiente, tanto che la produzione di latte nazionale è scesa dello 0,5%, la conseguenza è stata un aumento di richiesta in Europa di latte, che ha determinato l'innalzamento dei prezzi in generale di tutta la filiera lattiero casearia. A onere del vero bisogna dire che nel 2008, tutti i prezzi delle materie prime alimentari sono aumentati per cause sia ambientali che speculative, qualcuno ha voluto rifarsi delle perdite in borsa con i futures sulle produzione di materie prime alimentari.

Unione Europea al momento ha risolto fornendo aiuto ai produttori ma secondo me vanno risolti alcuni nodi e paradossi del mercato del latte, continui contributi ai produttori non può essere la sola alternativa si può fare di più.
Quest'anno la pioggia ha restitutito alla campagna neozelandese l'erba fresca, la produzione di latte è aumentata e così il prezzo del latte a livello mondiale è sceso, mettendo in crisi i nostri piccoli produttori. Tutto questo sembra pirandellesco se si considera che c'è una sola azienda in Nuova Zelanda che produce latte la Fonterra, una sola azienda che ha un potere immenso su prezzo del latte, ma il prezzo del latte non è solo un tema economico, ma politico, agricolo, sociale e anche civile secondo me.

1) Eliminare le sovvenzioni e rendere libero il prezzo del latte? Il latte costituisce la base del sistema agricolo europeo, il prezzo del latte non viene fissato dal rapporto domanda offerta in Europa il prezzo viene fissato in base al costo dei produttori, cosi qualcuno, un politico decide quanto deve guadagnare un produttore di latte, in paesi dove il prezzo del latte è stato liberalizzato ha sortito effetti opposti in Canada costa due volte in più che in Europa, mentre in Nuoza Zelanda la metà. Il meccanismo del prezzo del latte è molto complesso in Europa che vede da una parte piccoli produttori e cooperative, dall'altra lo stato, dall'altri distributori che fanno cartello e imponfono i prezzi. Ci vorrebbe una liberallizazione del prezzo reale, ma abbiamo visto come anche nella pasta di come i produttori e distributori speculano imponendo prezzo ai produttori e consumatori.

2)Produzione Globale produzione locale. La sola Nuova Zelanda, non produce più latte di altri paesi come Francia e Germania, ma lo esporta di più, tanto che rappresenta un terzo del mercato mondiale del latte, L'Europa produce la quantità per essere consumato nel mercato locale. Pertanto è paradossale di come la Nuova Zelanda possa incidere sui mercati locali in Europa. Cosa non da poco, fare latte in Nuova Zelanda costa metà che in Europa, tanto spazio, ottima selezione delle mucche e quindi si possono permettere di avere prezzi concorrenziale rispetto all'Europa.

3)Monopoli, grandi cooperative che devono evolversi? Fonterra non ha concorrenti sul mercato locale mentra il mercato internazionale non ci sono aziende o produttori europei che possono farle concorrenza, solo in Olanda si è costituita la prima cooperativa nazionale dalle due più grandi (Campina e Friesland), ma non hanno i mezzi e gli strumenti per potere operare sul mercato come una multinazionale, in quanto cooperative, vendere ai grandi distributori e elaboratori della filiera del latte come Danone o Granarolo, non fornisce ai produttori di latte alcun vantaggio. L'intervento dello stato mira più a difendere gli interessi non dei prodottori ma delle grandi aziende distributrici, che posso garantirsi prezzi bassi della materia prima.

4)Soluzioni per i produttori di latte.Difficile da dire perche in questa logica di grandi numeri si finisce per rimanere schiacciati, tuttavia dai consumi, dalle scelte dei consumatore emergono dati interessanti, come per esempio la richiesta di latte biologico in salita, la richiesta di latte locale, la vendita diretta rimane il canale più conveniente, la vendita a singole aziende produttrici di formaggi con caratteristiche particolari. Molti produttori si sono trasformati in produttori di formaggi per valorizzare al meglio il proprio latte.

Dal mio punto di vista mi sembra che nessuno voglia risolvere i paradossi della filiera lattiero casearia e scaricano sul consumatori tutti gli effetti negativi e speculativi che si trova a pagare il costo del latte due volte, per mettere mano a questa materia ci vogliono nuovi strumenti ma sopratutto una nuova politica europea del Latte per ora troppo legata al sistema dei contributi e finanziamenti a cui nessuno vuole rinunciare.

Le mappe per comprare i latte dai produttori Milkmaps

lunedì 12 ottobre 2009

Bionade sostituisce Coca Cola in Germania

Il sogno di raggiungere il successo di una bevanda come la Coca Cola, è il desiderio di molti produttori ma qualcuno e esattamente il Sig. Dieter Lepold ci sta riuscendo. In questi giorni sono in Germania esattamente a Colonia, per la fiera di Anuga, la vera fiera del settore alimentare al mondo e in Europa (Tuttofood a Milano in confronto è un club per pochi intimi, mi spiace ma purtroppo è cosi) vi giungono buyer da tutto il mondo ma ve ne parlerò in qualche prossimo post. Due sere fa' sono uscito fuori e ho visto che tutti ordinavano la Bionade, sarà che nel locale servono questa, invece anche ieri sera sopratutto i giovani ho visto che bevevano questa bevanda che alla presentazione del 2002 in anuga non aveva molto colpito. Invece in Germania solo lo scorso anno ha venduto 200.000 milioni di bottiglie e sta mettendo in crisi il colosso Coca Cola. Sembra un conflitto globale e locale si perchè Bionade è prodotta in Germania ed esattamente a Ostheim in Bavaria, ma non è solo questa la chiave del successo.

Bionade è una bibita frizzante all’orzo in quattro diversi gusti (ginger-arancia, sambuco, lichti, erbe), si ottiene tramite fermentazione d’acqua e malto con una trasformazione e una maturazione biologica finalizzata alla produzione di un enzima l’acido gluconico, normalmente presente anche nel miele prodotto dalle api. Dopo la fermentazione il liquido è filtrato, diluito con acqua e arricchito di anidride carbonica e di essenze naturali di frutti e/o erbe che conferiscono alla bevanda analcolica, una nota deliziosamente fruttata con una punta di amaro. Un gusto che piace in Germania.

Il successo di questa bevanda poggia anche su un marketing e una comunicazione intelligente e molto raffinata che non impone il prodotto ma lo fa divenire una scelta logica. La bevanda si è legata molto al movimento dei verdi e alle associazioni dell'attenzione all'ambiente, ha scelto di non fare pubblicità in televisione e utilizzare più eventi e passaparola. Viene presentata come bevanda che da il piacere della soda ma senza gli svantaggi della Coca Cola. Effettivamente presenta molto aspetti positivi è meno dolce, le bolle sono più sottili, il sapore molto persistente, non ci sono sostanze chimiche, dolcificanti, aspartame ha il 50% delle calorie inferiori a Coca Cola. Risulta cosi che Bionade si impone perchè è la bevanda si uno stile di vita diverso da Coca Cola, mette in risalto l'aspetto positivo del made in Germania, dell'attenzione all'ambiente, ma anche della raffinatezza del gusto per ora si è rilevato un binomio vincente, personalmente mi da l'idea di una buona gassosa aromatizzata.

Fonte : Beverfood

venerdì 9 ottobre 2009

Foodies o Pollies? Chi mangia e chi ci mangia!

Recentemente ne hanno parlato tutti i giornali in Italia, è stata presentata una ricerca condotta da Gpk per Negroni su i cosiddetti Foodies, termine con cui da qualche anno vengono definiti coloro che amano il buon cibo. Chiaramente ho voluto giocare con i due termini foodies e polli, la parola pollies non esiste in inglese sarebbe chickens ma non dava il senso, però il termine foodies è un nome brevettato e registrato che fa capo a una società che vende prodotti per la ristorazione, non è pubblità ? Non credo che ci sia analogia ma casualmete all'inauguarzione di due ristoranti in Abruzzo sostenuti da Negroni! A parte questo la ricerca di mercato, non spiega in modo esauriente il fenomeno, ho trovato maggiori dati sulle ricerche fatte da De Rita al Censis, in particolare quelle sul Movimento Turismo del Vino, che spiegano bene il fenomeno e l'attenzione all'alimentazione nel corsi di questi anni e di come sia evoluta la domanda e l'offerta.

Sono propenso nel credere che il numero delle persone interessate sia molto più alto di quello indicato dalla ricerca Gpk (4, 5 milioni di persone) almeno del doppio, il profilo fatto da Gpk in sintesi è maschio, tra i 24 e 54 anni, del nord ovest, anche in questo caso io credo che il target sia più ampio, mi sembra una visione un po' limitata, non considerare l'universo femminile in materia di scelta alimentare credo sia un errore. Il fenomeno è più complesso di quanto non si possa credere leggendo le ricerche di mercato che non tengono conto delle motivazioni personali, della ricerca del piacere di realizzare le cose con le proprie mani, del piacere di condividerle con le persone a cui si vuole bene, farsi coinvolgere da tutti e cinque i sensi, un modo per esprimere se stessi e la propria personalità.

Innegabile l'aspetto economico oltre che sociale, da molti anni le aziende sono alla ricerca dei foodies, li corteggiano, personalmente il mio interesse per il cibo è nato per lavoro nel 1994 al primo wine day in Toscana, mi dissero ti va di occuparti di questa cosaccia? Così è un fenomeno che ho potuto vedere svilupparsi prima come interesse d'elite poi come fenomeno di massa iniziato secondo me con Il salone del gusto di Torino il primo, poi è stata una crescita continua e costante. Si sono moltiplicate fiere, eventi, enciclopedie, libri, allegati ai quotidiani, accessori, 180 riviste di solo cucina in Italia, programmi televisivi, canali televisivi, non c'è programma che non parli di cibo, da qualche giorno la notizie che la rivista Gourmet, chiuderà, temo o per lo meno ho il dubbio che siamo alla fine di una curva d'interesse, che la gente non ne possa più. Oppure come una mia amica dice il fenomeno di bulimia visiva collettiva sta finendo.

Pure riconoscendo un plauso a queste fenomeno per avere permesso a tradizioni culinarie secolari di essere recuperato, preservato e di essere noto a un pubblico più ampio. Non posso non notare che negli ultimi dieci anni la qualità generale dell'offerta di cibo non è aumentata, è aumentato il numero dei fast food, è aumentato il numero dei prodotti gia pronti al super, è aumentato il numero dei pranzi gia pronti ai ristoranti congelati solo da scaldare, sono aumentati gli autogrill con i panini tutti uguali, i bar con le briosche tutte congelate e fatte scaldare, bottiglie di vino che pagavo a 30.000 lire oggi mi tocca spendere 100 euri, mi chiedo se serviamo come specchio per le allodole, parliamo di cibo di qualità ma i prezzi aumentano in modo esponenziale e la qualità diminuisce.

Mi chiedo se questo fenomeno dei Foodies ci ha aiutato a mangiare meglio a fare delle maggiori scelte di qualità? Io penso di si, mi sembra di essere l'ultimo dei mohikani. Ho un po' impressione che tutto questo gran parlare, di tutta questa cultura non si sia tradotto in qualcosa di veramente valido e conveniente per noi, ma magari mi sbaglio. Mi spiace ragazzi ho una vita più costellata di dubbi che di certezze.

Un altro fenomeno nuovo che che non mi piace e che ha preso una brutta piega è il fenomeno della crescita delle "gabelle", formaggi fatti passare per tipici, salumi che del culatello non hanno niente, aziende di distribuzione che moltiplicano i prezzi dei produttori in nome della tipicità, ho visto culatelli in vendita a 300 euro al kg, finti contadini che non hanno mai visto un pezzo di terra vendre prodotti naturali e ancora quello che che è peggio una marmellata venduta al supermercato a 4 euri trovata alla spazio super elegante e di classe della Rinascente a Milano a 16 euri, la stessa uguale della stessa azienda! 400% di plus. Bello o spazio dell'ulitmo piano per amore del cielo ma un po' caro. Aziende attenzione, potete andare a caccia di Foodies se ne avete le credenziali, i foodies sono degli appassionati veri, sanno distinguere la differenza tra un vero Culatello e una Culaccia, tra un parmigiano stagionato 24 mesi e non uno che si rompe sono a guardarlo, i Foodies cercano la qualità è vero ma Foodies si Pollies no!
PS: l'immagine non c'entra niente ma mi piace identificare i foddies come i cacciatori d'affetto, coccole e tenerezza.

mercoledì 7 ottobre 2009

Vino senza alcool il vino del futuro?

Dopo il caffè senza caffeina, il tè senza teina arriva il vino senza alcool, già dal 1° agosto è possibile vendere ed acquistare in tutta Europa il vino senza alcool, nel quale è stato eliminato parte dell'alcol naturalmente contenuto attraverso pratiche enologiche industriali.

E' uno degli effetti dell’entrata in vigore della riforma del mercato del vino a livello comunitario, che incomprensibilmente da una parte offre la possibilità di mettere in commercio vino senza alcol o per meglio dire autorizza a mettere in commercio vino con meno di 7,5° , da un parte autorizza lo zuccheraggio del vino nei Paesi del nord Europa per consentire di innalzare il grado alcolico, ritengo che ci sia un po' di contraddizione nella nuova OCM vino.

Si è inoltre autorizzato la possibilità d'invecchiamento "artefatto" attraverso l'utilizzazione di pezzi di legno al posto della tradizionale maturazione in botti di legno, (un accellerazione dell'invecchiamento) è stato anche ammesso la possibilità della denominazione di vino ai prodotti fermentati da frutti diversi dall'uva come lamponi e ribes (pratica soprattutto diffusa nei paesi nordici per prodotti molto particolari).

La motivazione del creare un vino senza alcool e quindi un nuovo segmento di mercato nasce per soddisfare diverse richieste di mercato, ma anche dal fatto che diminuisce sempre di più il consumo di vino pro capite e il numero dei consumatori di vino in Europa, vediamo quali sono queste richieste:

1) Per creare nuovi prodotti per i mercato della comunità ebraiche e comunità musulmane, che per la loro religione non possono bere alcool cosi vine bloccata la fermentazione al fino di avere vini con valore alcolometrico basso o molto basso o senza alcol.

2) Creare dei prodotti che superino i test alcolometrici, le restrizioni praticate in tutte Europa hanno fatto diminuire la domanda e la richiesta di vino nei ristoranti, si è diffusa una campagna contro l'alcol del sabato sera, sono propenso a pensare che le stragi del sabato sera sono più dovute all'abuso di alcol e droghe che di vino.

3) Motivazioni salutistiche, come diversi studi hanno dimostrato alcool è cancerogeno, si consiglia di berne non più di un bicchiere a pasto.

Devo dire che il risultato mi ha lasciato abbastanza deluso, non entro in merito delle diverse tecniche per dealcolizzare un vino, ma tutte mi sembra conducano a un risultato deludente, non è nemmeno un succo d'uva faccio molta fatica o cosiderarlo vino, molto meglio detto tra noi il "Fragolino". Da diversi anni in realtà abbiamo la produzione di vini più leggeri di bassa gradazione alcolica, segno di un cambiamento del gusto da parte dei consumatori e anche un miglioramento delle tecniche di affinamento in cantina, un vino però secondo me per essere apprezzato non può non avere una certa gradazione alcolica. Perché del vino mi piace vedere il colore, sentire il profumo, valutarne la struttura e il gusto. Cose che in un vino senza alcol non mi riesce.

Credo che manca un approccio culturale a questo problema nel senso che quando qualcuno mi chiede di raccomandare un vino di bassa gradazione alcolica la mia risposta è ordinare un vino attorno al 10% ci sono dei Semillon che provengono dall'Hunter Valley in Australia, ci sono anche molti vini a bassa gradazione alcolica prodotti in Nord Europa come i Riesling provenienti dalla Germania o anche un ottimo Moscato d'Asti spumante, oppure quei vino ottenuti da fermentazione diversa dall'uva come il Cidro (mela), Poirè (dalla pera) .

Pur riconoscendo le motivazione che conducono alla nascita del vino a basso contenuto di alcol, dal mio punto di vista, dopo averne provati diversi nell'ultima fiera di Bordeaux, non è consigliabile acquistare un vino che è stato artificiosamente ridotto in alcol, manca di quegli odori caratteristici del vino, anzi non ha un buon aroma. L'unico modo secondo me per creare un vino che sa di vino, ma con meno alcool è di aggiungerci l'acqua. Non sarà più così perfetto, ma almeno si può ancora gustare e percepire la bevanda originale (è la tecnica che utilizzo per fare assaggiare vino ai miei figli)


Post correlati Fiera di Bordeaux, Vino al Rabarbaro.

lunedì 5 ottobre 2009

I grassi si, i grassi no, i grassi perchè, quantità e qualità


Nel mio precedente post sui Acidi Grassi Trans erano emerse alcune domande sul ruolo, qualità e qualità dei grassi, cosi ho realizzato questo piccolo vademecum, ringrazio tutti gli amici che mi hanno aiutato.

- I grassi rendono saporiti e cibi e sono essenziali per la nostra salute
- Il nostro corpo ha bisogno dei grassi, solo se consumati in eccesso, possono avere effetti negativi sulla nostra salute come obesità e malattie cardio vascolari.
- Ci sono grassi differenti , non tutti i grassi sono uguali, per esempio ci sono grassi come il burro, la carne, formaggi, dolci forniscono principalmente grassi saturi mentre gli oli vegetali forniscono acidi grassi essenziali.

Aspetti nutrizionaliLa quantità giornaliera consigliata dipende dal peso corporeo possiamo dire 0,7 gr. per chilo di peso devo fornire il 25-30% del fabbisogno giornaliero calorico in media per una donna dal 19 ai 60 anni sui 70 grammi /die mentre per un uomo 95-100gr/die, è bene mantenere un certo equilibrio: 10-15% da monoinsaturi, 7-10% da acidi grassi polinsaturi, 7-10% da grassi saturi, non è una formula obbligatoria ma diciamo un riferimento possibile. Tutti più o meno hanno lo stesso numero di calorie è più importante soffermarsi non sulle calorie ma sulla composizione dei grassi.

Le differenze dei diversi grassi- Possiamo differenziarli anche come grassi di origine vegetale (olio d’oliva, olio di colza) o grassi di origine animale (come il burro)
- Io preferisco differenziarli in grassi visibili e non visibili, perché spesso chi è a dieta, non si rende conto dei grassi invisibili, controlla il contenuto dei grassi visibili e non dei grassi invisibili
- Grassi visibili: olio, burro, margarina
- Grassi invisibili : sono contenuti negli alimenti come carne, formaggio, dolci e salumi

- Grassi saturi: sono più presenti nei prodotti d’origine animale come burro, panna, carne e formaggi, in alcuni olii utilizzati dall’industria (olio di palma, cocco), solo solidi a temperature ambiente, il loro eccesso nella dieta favorisce l'aumento di colesterolo cattivo e quindi il rischio cardiovascolare

- Grassi insaturi : sono più presenti negli olii vegetali e nel pesce, solo liquidi a temperature ambiente, i specialisti in scienze dell’alimentazione li dividono in monoinsaturi come olio d’oliva e polinsaturi come olio di girasole, soia, colza

Colesterolo
- carne e prodotto lattiero caseari hanno discrete quantità di colesterolo, è più abbondante nelle uova, in particolare nel tuorlo (giallo) ma è nelle frattaglie che è presente in percentuale più alta, è necessario io piccole quantità (per la produzione della vitamina D)

Una questione di equilibrio
Il problema non è che dobbiamo fare a meno di grassi, ma di selezionare la qualità e la quantità, la dieta nei paesi occidentali è ricca di grassi saturi

Alcuni suggerimenti.- alcuni olii vegetali sono resistenti al calore e in gradi di sostituire il burro per cucinare come olio d’oliva
- gli olii vegetali hanno caratteristiche diverse, bisogna cercare di giocare sulla varietà se olio di oliva è adatto per cucinare olio di girasole, olio di noci, olio di soia, olio di vinaccioli sono più adatti per essere consumati a crudo e variare il sapore dell’insalata.
- Si consiglia di consumare regolarmente pesce, almeno due volte alla settimana, perché contribuiscono a livelli bilanciati di grassi essenziali
- Margarine sono miscele di acidi grassi, grassi saturi e insaturi vegetali, se si utilizza scegliete quelle che in etichetta hanno meno acidi grassi saturi
- Consumare con moderazione i prodotti ricchi di grassi saturi: carni grasse e formaggi ...

Questi suggerimenti non significano che dovremmo non mangiare alimenti a base di carne o da latte! Il burro di per sé contiene vitamine, tra cui la vitamina A. nulla impedisce di mettere un po 'il suo pane al mattino importante e non consumarne un panetto intero.

Ricordate che il Colesterolo ha due fonti
Quello introdotto nella nostra alimentazione
Quello che invece il nostro corpo produce e può rappresentare fino al 70% del nostro colesterolo.

Omega 3 omega 6Chi non ha sentito parlare degli omega 3? Insieme agli omega 6 sono chiamati acidi grassi essenziali sono dei grassi polinsaturi, Il nostro corpo non li può sintetizzare e quindi dobbiamo introdurli con la nostra dieta. L'equilibrio tra omega 3 e 6 contribuisce al buon funzionamento del sistema cardiovascolare. Una parte significativa della popolazione introduce omega 6 ma non abbastanza omega 3.

L'uso di olio di colza, olio di soia, olio di lino come condimento può aumentare l'assunzione di omega 3 allo stesso modo si può mangiare pesce due volte alla settimana.

Oli vegetali
hanno nutrizionali differenti e complementari e alcuni sono migliori di altri, per la cottura. Si può scegliere l'olio di arachidi o olio di oliva; Si consiglia di tenere gli oli lontano da aria e luce per preservare la loro qualità nutrizionali.

Olio d’oliva: ricco di grassi moninsaturi è ideale per il condimento, la cottura e la frittura in quanto più stabile a calore elevato perché ricco di acido oleico (80%)

Olio di arachide: ricco di grassi mono insaturi si può usarlo per il condimento, la cottura e la frittura, ha un punto di fumo più alto dell’olio di oliva si presta ad essere utilizzato per la frittura.

Olio di colza : ricco di acidi grassi moninsaturi (60%) contiene una piccola parte di acidi grassi essenziali omega 3 e omega 6, fino a qualche anno fa avevo un odore non gradevole per la presenza dell’acido erucico, ora si vendono solo olii di colza a basso tenore di acido erucico è più adatto per la conservazione. Attenzione verificare all'acquisto se è proveniente da colture OGM.

Olio di girasole, composto principalmente da acidi grassi insaturi (9o%) , una piccola percentuale di omega 6, vitamina E, è inadatto alla frittura, può essere utilizzato per la cottura e a crudo, è utilizzato spesso per la conservazione a livello industriale.

Olio di soia, ha un odore caratteristico e un profumo gradevole è composto principalmente da acidi grassi insaturi (50%) è facilmente soggetto a ossidazione, non è adatto alla cottura, è il più utilizzato nell’industria sia per la conservazione che per la produzione di margarina, nell’acquisto controllare che non sia la dizione proveniente da colture OGM.

Olio di noce, ricco di acidi grassi essenziali come omega 3 e omega 6, è molto sensibile alla luce e a l calore io lo utilizzo nell’insalata.

Ci sono anche altro olii com olio di semi si sesamo, olio di nocciola, olio di vinaccioli, sono più utilizzati per conferire un aroma particolare alle insalate o a ricette hanno un costo non indifferente

Sintesi olio d’oliva da preferire perché ricco di acido oleico che svolge una funzione preventiva delle malattie cardiovascolari nelle quantità e nella proporzione spiegata all'inizio del post. Seguirà a breve una guida all'acquisto di Olio d'oliva, burro, margarina.

venerdì 2 ottobre 2009

Carrotmob: una piccola iniziativa a favorire dell'ambiente

Fonte foto Greenoptions.com
In questo periodo le iniziative a favore dell'economia verde si moltiplicano tra festival e fiere, mi destano qualche perplessità, sopratutto quando queste sono portate avanti da personaggi pubblici che fino a ieri erano tra i maggiori oppositori a un economia verde.

L'iniziativa carrot mob parte proprio dalla delusione da un attivista americano, il californiano Brent Schulkin, che ha pensato di trasformare i consumatori in sostenitori diretti delle imprese che si impegnano a ridurre le emissioni in co2. L'approccio è semplice, l'organizzazione si impegna attraverso le reti sociali, volantini, mailing a promuovere e fare conoscere l'evento ai potenziali clienti per gli acquisti. Il giorno fissato questi si recheranno a fare spese nel punto vendita con obbligo di aderire a iniziative a favore dell'ambiente. Ben sapendo che un solo consumatore può fare poco mentre invece molti consumatori possono fare di più.

La maggior parte delle aziende specie quelle commerciali come negozi, centro commerciali sono molto restie ad adottare misure di risparmio energetico, vedono l'adattamento a favore dell'ambiente solo come un onere in più.

Carrotmob invece vuole loro fornire un opportunità di comunicazione ma ad alcune condizioni . Il proprietario del negozio o la società del centro commerciale deve garantire che il 30% dell'incasso verrà usato per dotarsi di impianti a risparmio energetico o a fonti alternative di energia; il tutto controllato da un ente certificatore in Usa Co2 online che vigila sulla legalità e sul rispetto dell'operato e del buon fine dell'iniziativa. Sembra che a Berlino un centro commerciale che ha partecipato a Carrotmob ha attuato iniziative che hanno permesso di risparmiare 1 400 kWh in un anno e la riduzione di 1,1 tonnellata di Co2.

In questo modo si vuole tentare di portare nelle aziende la responsabilità ambientale, certo mi farebbe piacere molto di più che le aziende scegliessero la responsabilità ambientale come filosofia aziendale, ma forse piccole iniziative pratiche sono meglio di tante parole.
Sono daccordo nel premiare le imprese che si rendono disponibili a fare delle modifiche per aiutare l'ambiente, non so se questa iniziativa sia il modo più corretto, tuttavia Carrotmob, stà avendo molto successo in Usa, Germania, Regno Unito, i consumatori hanno partecipato con entusiasmoo all'iniziativa, è un po' americanata sembra un carnevale, è interessante si potrebbe gestirla meglio secondo me, il video mi ha lasciato un po' basito.

Fonte e foto: Carrotmob, 9carrot,Il sole 24 ore

giovedì 1 ottobre 2009

Crisi superata nuova ripresa economica, ma dove?

Fonte foto : art-psy.blog.lemonde.fr
Oggi uno studente ha tirato una scarpa ad Istanbul al direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, tale Dominique Strauss-Kahn, è questa in sintesi la credibilità che in questo momento hanno gli economisti. Si è appena concluso il G20, tutti a parlare di crisi economica mondiale superata, nessuno ci crede!

Perchè innanzittutto siamo in un momenti di stasi, economia non crolla, ma non sale nemmeno, si è evitato il peggio. Banche centrali e governi sono riuscite ad evitare il colasso del sistema bancario, sono riucite in una piccola parte a ripristinare il funzionamneto del mercato dei capitali e a stabilizzare in qualche modo l'economia, queste eccezzionali manovre di politica economica però non possono essere considerate come dei segni di una politica economica duratuta perchè non sono state risolte nessuna delle cause che hanno generato la crisi.

1) Il sistema bancario non è stato risanato, i titoli crollati sono ancora detenuti dalla banche, non causano perdite contabili perchè il cambiamento delle regole contabili.

2) Le banche centrali hanno inondato il mercato con liquidità il sistema bancario, risolvendo i problemi di finanziamento, non per questo gli istituti bancari devono cantare vittoria. Le banche sono ancora malate ma qualcuno vuole farci credere che i loro problemi siano risolti, ci vorrano dieci anni per recuperare le perdite nascoste.

3) La crisi immobiliare ha evidenziato l'indebitamento eccessivo delle famiglie, in aumento il numero di pignoramenti.

Siamo in una situazione in cui i vecchi problemi non sono stati risolti e se ne sono creati di nuovi come l'aumento della disoccupazione e l'esplosione dei disavanzo dei debito pubblico, pertanto l'ottimismo dei quali molto giornali parlano è infondato, le misure straordianrie non possono potrarsi all'infinito, la fine della crisi è lontana e le ricadute molto propabili, perchè nessuno pensa a ricolvere i problemi che hanno generato la crisi, manca un progetto di futuro economico.

Fonte: Corriere della Sera, Corriere del Ticino
Fonte foto lemonde