domenica 9 ottobre 2016

Caprotti, Esselunga & friends, la fine dell'imprenditoria tradizionale?

In questi giorni tutti i quotidiani hanno dato molto rilievo più che alla morte del Sig. Caprotti al suo testamento, che è una logica conseguenza dell'azioni legali che aveva intrapreso negli anni precedenti.

Il testamento di fatto garantisce il controllo dell'azienda alla seconda moglie e alla figlia del secondo matrimonio, che mi risulta non hanno mai lavorato in azienda, relegando in secondo piano e mettendo di fatto in minoranza i figli di primo letto che avevano lavorato in azienda.

La pubblicazione con tutti i dettagli su tutte le prime pagine dei quotidiani non è un atto di normale consuetudine ma è la volontà in qualche modo d'obbligare pubblicamente i figli di primo letto a rispettare le volontà del padre.

La motivazione di questo rendere pubblico il testamento è in parte dovuto alla paura che uno dei figli di primo letto possa in qualche modo impugnare il testamento oppure opporsi alla vendita dell'azienda, sembra che i giochi siano già decisi, Esselunga si avvia verso una nuova proprietà.

Conflitto privato o pubblico?

Una vicenda infelice dal mio punto di vista per un sentimento d'astio verso una parte dei figli che mi ha lasciato molto sbigottito anche per la modalità di rendere pubblico un rapporto e un sentimento privato.

Non è la prima volta che vediamo una generazione rifiutare ai figli di prendere in mano le redini dell'azienda, vediamo che più che essere un problema di leadership manageriale è un problema sentimentale. 

Recentemente ha fatto molto clamore la vicenda della famiglia Agnelli, dopo la morte di Gianni Agnelli,  l'azienda di Torino ha visto figlia contro madre, madre contro figlia, di fatto l'unica figlia Margherita è stato esclusa, certo in favore di uno dei suoi figli ma forse aveva qualche aspettativa che invece le è stata preclusa, nessuno si è premunito di chiederle un parere, messa di fronte al fatto compiuto.

Cito due vicende a me personalmente molto vicine, una grande pasticceria Milanese per secoli appartenente sempre alla stessa famiglia, ultimo degli eredi ha venduto a un grande marchio della moda, di fatto estromettendo il figlio pasticcere da un possibile futuro, lo ha privato di quell'anello di tradizione e continuità. Il figlio ora aprirà una pasticceria sua in periferia con le proprie forze ripartendo da zero, il padre ha una nuova moglie e padre e figlio non si parlano più.

C'era una volta negli anni'80 sempre a Milano una famosa trattoria di cucina Toscana, la più famosa della città, il papà vende il ristorante nonostante il parere contrario del figlio chef .
Dopo venti anni di lavoro il figlio è riuscito a riacquistare il locale di famiglia a cui era molto legato, ci aveva vissuto dentro fin da bambino e cerca di riportalo in auge.
Genitore e figlio non si parlano e non si vedono più da molti anni, quando ha saputo che il figlio aveva riacquistato il vecchio locale di famiglia, invece d'essere contento, il padre ha detto pubblicamente che se era più giovane gli avrebbe dato fuoco.

Quant'astio! Cos'è gelosia? Invidia?

Perchè non riusciamo a lasciare ai figli, chiaramente se questi lo richiedono, l'azienda di famiglia come avveniva una volta?

Certo ogni famiglia ha una storia diversa, quello che la cronaca ci racconta forse non è la verità, noi siamo quello che riusciamo a costruire a prescindere dalla propria storia e dalla propria famiglia, tuttavia ci sono alcuni elementi che ricorrono sempre più spesso i queste storie che influenzano i comportamenti privati
.
Aspettativa di vita: oggi si vive più a lungo, si interpreta l'azienda come proiezioni di se stessi e rimane inconcepibile delegare a un altra persona, seppure questo è un figlio, meglio la morte dell'azienda che una possibile continuazione dell'attività del figlio che magari ha idee più innovative e al passo con i tempi.

Conflitto genitori e figli, ci si mette in competizione con i figli, un'atteggiamento innaturale ma sempre più frequente, una competizione sia economica che affettiva.

Confusioni private: ci si sposa e divorzia con troppa facilità, conosco un imprenditore sposato 4 volte e 4 volte divorziato con più figli da diverse compagne, figli di cui non sa nulla e non ha mai coinvolto nell'azienda. Ultime compagne più attratte diciamo dal fascino dello stile di vita, è vero che l'amore non ha età, ma non ho mai visto qualcuno o qualcuna innamorarsi dei pensionati all'uscita delle poste.

Aziende prive di valori : eredi non interessati all'attività di famiglia che disprezzano ma a monetizzare diritti, una volta le mogli erano parte dell'azienda di famiglia che conoscevano meglio dei stessi mariti, erano un sostegno dell'attività del marito se non il reale amministratore delegato.

Economia precaria. oggi l'economia cambia più rapidamente e impongono cambiamenti alle aziende, non tutte le famiglie d'imprenditori sanno adattarsi alle richieste del mercato, la velocità d'innovazione rimane importante, cosi molti preferiscono cedere l'attività e abbracciare la logica meglio un uovo oggi che una gallina domani.

Corsi e ricorsi della Storia dell'imprenditoria italiana

Si è cosi spezzato un legame che dava un senso alla continuità alle medio aziende italiane, si è interrotto un sogno o per lo meno una prospettiva, la famiglia una volta era il perno il centro dell'azienda un modello che oggi è stato superato nel tentativo di seguire le logiche di mercato che diventano inafferrabili.

Sono corsi e ricorsi della storia, chi ricorda la fine degli anni '60 delle famiglie d'imprenditori che avevano creato il boom italiano ma che seguendo logiche di mercato sono scomparse: Rizzoli, Motta, Alemagna, Beretta, Bocconi, Buitoni, Ricordi, Frigerio, Lazzaroni, Ambrosoli, Radice Fossati.

Gli imprenditori di una volta coltivavano l'azienda e la famiglia facendo crescere l'uno e l'altro, al di la della propria personalità, oggi invece le aziende sono centrate sulla personalità del singolo imprenditore, un imprevisto della salute di un imprenditore, un decesso prematuro e l'azienda entra in crisi ma spesso chiude o viene venduta. 

Fare azienda vuole dire dare o meglio contribuire a creare un senso di continuità e futuro al di là dell'egocentrismo di un singolo imprenditore.

7 commenti:

  1. lasciano molto amaro in bocca queste storie dove i soldi sono protagonisti più delle persone....

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  2. Ciao Günther, non mi ero mai soffermata a considerare tutti questi aspetti e ho sempre pensato solo all'aspetto finanziario ma credo che tu abbia ragione ed è un vero peccato...chissà se e come cambierà l'Esselunga: io ci faccio la spesa da una vita!
    Buona giornata
    Carmen

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  3. Pienamente d'accordo con questa perla di saggezza. Nessuno vede la "miseria" di Caprotti, i suoi limiti nel rapporto coi figli, tutti presi come siamo dalla "stima" di chi fa soldi... Ordinarie miserie senza valori, capacità affettive e imprenditoriali ... e tanti soldi !

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  4. Concordo con Rossella, avrà fatto pure un mucchio di soldi ma il non riuscire a "staccarsi" dalle cose del mondo ,neanche al termine di questo viaggio chiamato vita, lo rimpicciolisce non poco.Evidentemente una vita incentrata sui "calcoli" fino alla fine.....

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  5. questi casini ci sono anche all'interno delle famiglie molto, molto ma moooolto meno abbienti, si litiga per un braccialetto della nonna.. (tanto per fare un esempio) peccherò di cinismo ma.. potendo scegliere (ma non si può) meglio essere figli unici

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